Tanti anni fa, da lettore appassionato Marvel mi sono sentito ripetere spesso che l’enorme mole di storie pregresse rendevano di fatto impossibile a un nuovo lettore avvinarsi all’epopea degli eroi immaginati da Lee, Kirby e Ditko. Durante i 150 minuti di proiezione di Spider-Man: No Way Home ammetto di aver ripensato spesso a questa frase, ridacchiando tra me e me. 

Mi rendo conto di aver probabilmente già usato questa introduzione in passato, ma mai come questa volta la trovo calzante per un film come Spider-Man: No Way Home, la pellicola del MCU che più di ogni altra richiede la conoscenza di un paio di decadi (il primo Spidey di Raimi è del 2002, passa il tempo…) per essere davvero compreso, assimilato, e goduto. Ma oggi, lì fuori, c’è un pubblico perfettamente in grado di compiere naturalmente questa operazione e tutto ciò non può che essere considerato un traguardo forse inimmaginabile per i Marvel Studios, capaci di trasformare il pubblico generalista dei frequentatori delle sale cinematografici in cultori e custodi della loro epopea, andando ben oltre di quanto realizzato in 80 anni con le storie a fumetti. 

Al termine di Far From Home avevamo lasciato Peter con le mani sulla maschera mentre, smascherato in diretta web dalle rivelazioni di Quantin Beck, il Mysterio del MCU, trasmesse dal Daily Bugle di James Johan Jameson. Ed è esattamente in quella posizione che lo ritroviamo all’inizio di No Way Home, di colpo al centro dell’attenzione, imputato contro la sua volontà al tribunale dell’opinione pubblica, in balia del giudizio di ammiratori e cospirazionisti. Quel che è peggio, anche MJ, Ned e zia May sono finiti, per attrazione,nel vortice di quello stesso ciclone che sta ribaltando le loro vite, mettendole in pericolo. Questa volta non ci sono abilità di ragno o tecnologie Stark che possano sistemare la situazione. Un po’ della magia di Strange, però, forse, potrebbe rimettere a posto le cose. D’altra parte, cosa potrebbe mai andare storto?

Spider-man: No Way Home

La risposta a questa domanda è ovviamente già chiara a tutti, dal momento che le conseguenze sul multiverso del sodalizio tra Spidey e Strange hanno fatto parte delle campagna pubblicitaria di No Way Home allestita dalla Marvel fin dall’inizio. Questo, di fondo, è il limite principale del film di Jon Watts, che per riuscire a stupire deve alzare l’asticella sempre un po’ di più, condanna che in fondo condivide con l’intero MCU: dopo l’epica conclusione della Fase 3, dopo la lotta col titano pazzo, la scala delle minacce e la portata delle avventure non può puntare verso il basso.

Poco prima della metà del film, a un passo dagli eventi che imprimeranno una svolta drammatica alla pellicola, Strange incolpa Peter di essere lui il problema, lui e il suo volere tutto, lui e la sua ostinazione a tenere insieme due vite. È una buona metafora del destino toccato in sorte a No Way Home, quello di doversi costruire un’attesa spasmodica costruita sui ritorni certi e quelli possibile dalle precedenti incarnazioni di Spider-Man, e quello di sopravvivere al suo stesso hype riuscendo però ad offrire allo spettatore qualcosa che lo spettatore comunque non si aspetti. Un’impresa titanica dopo mesi di speculazioni, rumors e scoop, che il film Sony vince riuscendo nella rischiosissima impresa di dare ai fan ciò che i fan vogliono, senza tuttavia farsi prendere la mano. 

Spider-Man: No Way Home è un film riuscito in tutte le sue parti e non è per nulla un risultato scontato tenendo conto di quanti pezzi deve tenere insieme e di quante esigenze contemporanee deve soddisfare. Forse il compito più complesso è quello di far convivere nella stessa pellicola più anime, incarnate fisicamente da attori e personaggi provenienti dai precedenti Spider-Man. Se da un lato il Doc Ock di Molina e il Goblin di Defoe vanno contenuti, per limitare che la recitazione sopra le righe dei loro interpreti e e la scrittura oggi un po’ camp dei loro personaggi stoni troppo con la lettura attuale di Spidey, dall’altro l’Electro di Jamie Foxx riesce invece finalmente a scrollarsi di dosso il ridicolo (e il bluastro), trovando una sua drammaticità che conferisce profondità al personaggio. Quel pastrocchio in CGI di Lizard, invece, è irrecuperabile persino per il MCU. 

Senza cali di ritmo o di tensione, No Way Home procede da un incipit scanzonato, che non rinuncia alla vena comica che è marchio di fabbrica di Spidey e del MCU nonostante la situazione di crisi vissuta dal suo protagonista, verso toni decisamente più cupi e drammatici della seconda metà, evitando però le derive di altri terzi capitoli ragneschi. In questo turbinio di eventi multiversali, comparse a sorpresa e ritorni annunciati No Way Home riesce ad elargire fan service in grandi quantità, a un pubblico che non chiede di meglio per altro, ma anche a proporre momenti sinceramente toccanti e commoventi, da occhi lucidi persino per i cuori di pietra, in cui va per altro dato merito alla versatilità attoriale di Tom Holland, che sotto quell’aria da giocherellone porta spesso in scena talento vero. 

Buttato nella mischia a metà del racconto per necessità narrative superiori, quelle del MCU, lo Spider-Man di Tom Holland trova qui in No Way Home la sua origin story in cui è costretto a scontarsi con quel macigno che è al consapevolezza che da grandi poteri derivino grandi responsabilità. Eppure, a prescindere dall’universo narrativo da cui proviene e dagli eventi che l’hanno portato ad essere ciò che è, c’è un etica e una morale che attraversa il multiverso ed è condivisa da ogni Spider-Man e che gli sopravvive dentro, alimentata dalle persone che circondano Peter e che lo amano. 

Osservando più da lontano la pellicola, da una prospettiva meta narrativa, si può dire che non sia solo l’etica di Spidey ad attraversare il multiverso, ma anche che le vicende che è condannato a vivere in un certo senso perseguitino tutte le incarnazioni di dell’eroe newyorkese. In No Way Home convivono, abilmente legati gli uni agli altri, diversi e famosissimi cicli di storie dei fumetti, dallo smascheramento post Civil War (in un paio di inquadrature il riferimento a quella celebre tavola è palese) alla famosa e successiva saga di One More Day, fino allo Spiderverse di Dan Slott. (Oh, alla fine forse i tanto denigrati fumetti non sono così male!)

Spider-Man: No Way Home

Se per Spider-Man la condanna è quella di voler provare a vivere due vite probabilmente incompatibili tra loro, per No Way Home il compito ancora più complesso è quello di tenere insieme un numero ben più nutrito di pezzi. Alla luce di questa necessità, il risultato ottenuto da Jon Watts e Kevin Feige è ancora più apprezzabile. La conclusione di questa (prima?) trilogia di Spider-Man versione Tom Holland è un film che esalta e commuove, che porta avanti una sua trama interna facendo da collante a un mosaico complessivo per più grande ed esigente, che unisce almeno quattro universi narrativi (considerando i fumetti, ma a pensarci bene forse sono cinque!) e riesce alla fine a risultare coerente e forse persino fruibile anche da chi non è ossessionato dalla continuity del MCU. 

Lo Spidey che ci lascia alla conclusione delle due ore e mezzo è un eroe che ha dovuto e saputo scegliere a quale vita rinunciare, un personaggio nuovo, più adulto (che Holland dovrà imparare a rendere anche nella fisicità), fuori dal mondo liceale e pronto per affrontare trame differenti. Una mini rivoluzione che la Marvel è abituata a compiere abbastanza spesso nei fumetti e a cui gli spettatori dei cinema dovranno abituarsi, per evidenti motivi. Anche il MCU prima o poi dovrà decidere quale ambizione seguire: il rischio è che la crescita costante dello stupore, del hype, del fanservice e delle ambizioni rischi alla lunga di far cadere il castello, diventato nel tempo sempre più imponente. Per tenere su tutta l’impalcatura di un universo narrativo così enorme più che polso serve del talento quasi magico. Il fatto che Spider-Man: No Way Home si riuscito districarsi in questo delicato equilibrio senza ricorrere all’aiuto di un Dr. Strange è portentoso. Quasi un incantesimo. 



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , ,
Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

Similar Posts
Latest Posts from Players